martedì 2 agosto 2011

Par condicio


Mio nonno era un uomo dalla simpatia travolgente e dall'intelligenza vivace ma era anche una delle persone più irrimediabilmente imbranate che io abbia mai conosciuto.

Per la verità non so se il suo scarsissimo senso pratico dipendesse da una sorta di predisposizione genetica o piuttosto dalla lunga convivenza con la nonna, inguaribile maschilista, che non gli aveva mai permesso di muovere un dito se non per vestirsi o svolgere la sua professione di ingegnere edile.

Sta di fatto che il nonno non ha mai saputo prepararsi neanche il caffè da solo e ogni volta che, pover'uomo, cercava di prendere un'iniziativa, o veniva stroncato ancor prima di cominciare oppure, in una sorta di profezia che si auto-determina, compiva imprese degne del mitico zio Podger che volendo piantare un chiodo nel muro per appenderci un quadro, finiva col demolire l'intera parete (chi ha letto "Tre uomini in barca (per non parlar del cane)" di Jerome K. Jerome sa bene a cosa mi riferisco).

Il nonno aveva una grande passione per il mare e non concepiva vacanze che non fossero in barca (ma gli esiti delle nostre crociere erano ben diversi da quelli descritti da J.K.J.). Più la famiglia cresceva e più, per accoglierci tutti, diventavano grandi le barche del nonno. Alla fine, quando ormai fra figli, generi, nuore, nipoti e accoliti vari, sembravamo il cast al completo di "Appuntamento sotto il letto", il nonno capì che le alternative erano due: comprare un traghetto oppure rinunciare all'alto mare e ripiegare sull'acquisto di una casa per l'estate. Il buonsenso - e le pressioni della nonna - fecero ricadere la scelta sulla seconda opzione.

La casa, che mio nonno si ostinava a collocare in campagna nonostante si trovasse sulla spiaggia, era in realtà una sorta di tenuta con ettari ed ettari di terreno e pian piano si trasformò in un luogo paradisiaco di cui il nonno era l'unico, insindacabile, creatore.

Prima fece progettare dei giardini incredibili, poi fece costruire una meravigliosa piscina a sfioro, poi ancora un campo da tennis e infine, sorprendendo tutti, decise di darsi all'agricoltura utilizzando tutto il terreno che restava per piantare alberi da frutto, ortaggi, legumi, insalate, erbe aromatiche e qualsiasi cosa fosse commestibile.

Irritando non poco la nonna, il nonno passava parte del pomeriggio a innaffiare, ispezionare l'orto e raccogliere pomodori, il tutto ovviamente con la consueta goffagine e un improbabile abbigliamento costituito da polo, bermuda, calzini lunghi, zoccoli e un cappellino floscio che gli riparava la chierica.

La nonna, sempre pungente, a quel punto gli cambiò soprannome e, da zio Podger, lo fece diventare, memore delle sue catastrofiche vacanze, Monsieur Hulot. Lui non se ne curava, anzi si divertiva a farla innervosire ancora di più proponendo di far dedicare tutta la famiglia alla produzione  industriale di conserve di pomodori, marmellate e melenzane sott'olio.

Naturalmente la produzione rimase strettamente casalinga e fu anche abbastanza saltuaria (nessuno osava mettere alla prova la poca pazienza della nonna), ma è solo grazie all'ostinazione del nonno se noi nipoti - purtroppo cresciuti a surgelati da mamme un po' oziose - abbiamo avuto la gioia immensa di conoscere il sapore indimenticabile di un frutto appena colto dall'albero.


ZUPPETTA DI SPOLLICHINI
Per 4 persone

2 kg di spollichini (fagioli cannellini freschi)
1/2 sedano bianco
350 g di pomodorini
2 spicchi d'aglio
sale, prezzemolo, olio EVO

Liberare gli spollichini dal baccello, lavarli e metterli a bollire in acqua non troppo abbondante (diciamo che deve superare di tre dita i fagioli). A parte, preparare una salsetta con l'olio, l'aglio, il sedano e i pomodori a pezzetti e farla tirare ben bene. Quando i fagioli avranno cotto un'ora, aggiungervi la salsa e lasciar cuocere ancora una mezz'oretta. Aggiustare di sale, unire il prezzemolo tritato e servire con dei dadini di pane che avrete saltato in una padella con poco olio oppure semplicemente tostato in forno.


Semplice, semplicissima e semplicemente buona.

5 commenti:

  1. Ciao Benedetta, ti ho trovato per caso, curiosando in giro su internet, e mi hai conquistata subito.
    Mi iscrivo subito al tuo blog e al club dei tuoi fan.
    Ti abbraccio.
    Ambra.

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  2. La zuppa di spollechini è il culmine dell'estate. Dopo gli spollechini, il diluvio.

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  3. La zuppa di spollichini per me è un amico di infanzia dei miei genitori che, diventato padre e nonno più o meno negli stessi tempi di mio padre e comprata una casa al mare insieme a noi, ogni 15 agosto portava sulla spiaggia il calderone di spollichini per tutti! Lui, gran cuoco, capelli bianchi e occhi azzurri, arrivava mantenendo per i manici il pentolone di alluminio insieme al bellissimo genero e, complice la moglie che distribuiva piattini pieni e forchettine di plastica, riusciva a "nutrire" tutti compreso lo stuolo di noi ragazzini che arrivavamo come le api sul miele! Spollichini sotto l'ombrellone...una goduria! Adesso però mi è venuta voglia di assaggiare i tuoi. :)

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  4. capito qui venendo da Reb e trovo un bellissimo pezzo su un nonno molto simpatico, una ricetta gustosa e una foto invitante: mi sa proprio che tornerò!
    Ben trovata!

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